Immaginare un nuovo stile di vita e un nuovo modello di società significa anche pensare ai luoghi che saranno e quindi all'Architettura, nella sua continua alternanza di forme, funzioni, linguaggi stratificati.
Oggi abbiamo, debole, una capacità percettiva, una grande lentezza nei processi decisionali, nella revisione normativa, una scarsa capacità di adattamento dello spazio alle evoluzioni e alle rivoluzioni della natura, della filosofia e della tecnologia.
Adesso, dai nostri obbligati rifugi ci sentiamo spinti a pensare e cercare di intravedere come cambierà tutto, le relazioni sociali, i bisogni, i desideri, il lavoro e l’economia, come cambieranno l'idea della libertà e del continuo bisogno/desiderio di movimento.
Dimensione urbana. Rimetteremo in discussione (già avveniva da tempo) l’idea dei grandi agglomerati urbani, dell’accentramento delle funzioni, degli spazi grandi, pubblici e condivisi, della crescita continua delle infrastrutture di collegamento.
In Europa ancora coesistono due modelli di sviluppo e aggregazione urbana, assisteremo al rimodellamento dell’uno e all'evoluzione dell’altro, saranno meno attraenti le “metropoli” e più desiderabili le città medio/piccole, con la loro frammentazione di spazi esterni, piccoli e intimi, terrazze, cortili, giardini, edifici bassi con funzioni diverse e facilmente intercambiabili, un insieme in evoluzione permanente, ma a gestione diretta e ravvicinata, continuamente e agilmente rimodellabile attraverso interventi pubblici e privati, il tutto sostenuto e ispirato da una visione forte, ma non cristallizzata, bensì costantemente aperta e permeabile.
Architettura mutevole. Le città si stanno sviluppando in due direzioni opposte e complementari, da un lato la rigenerazione dell'esistente (come traccia insostituibile), dall'altro la creazione di nuovi edifici, spesso iconici, molto specializzati e di fatto immutabili. Tanti vecchi insediamenti industriali sono stati o stanno per essere agevolmente riconvertiti in residenze, uffici e musei ma gran pare dei grandi edifici pubblici nati negli ultimi 50 anni (che stanno per nascere) non riusciranno ad essere cosi malleabili.
L'Architettura contemporanea dovrebbe dotarsi di una generosa capacità di continuo adattamento e (tra le qualità fondamentali) riuscire ad essere duttile e sempre adattabile alle nuove esigenze, dovrebbe essere geneticamente mutevole, nella sua sostanza formale, materiale e spaziale. Il contenitore architettonico deve essere immaginato come l’hardware del sistema, un hardware comunque malleabile, capace di supportare docilmente sottrazioni, aggiunte, innesti senza opposizione ai cambiamenti ed essere abbinato ad un software (interni, attrezzature, servizi, ecc.) semplice e lineare, che possa essere oggetto di infinite trasformazioni.
Claudio Nardi, Firenze 20 aprile 2020