Virginia era sicuramente una papera di successo: aveva delle splendide piume bianche, un becco giallo da far invidia, starnazzava come poche al mondo, aveva sempre una buona parola per tutti e una soluzione anche ai problemi più complessi. Insomma, Virginia era amata da tutti, e anche (ahimé) invidiata da molti. A proposito, Virginia faceva la massaggiatrice del cibo. Avete capito bene: massaggiava il cibo. In sostanza prendeva i piccoli vermi e i pesci (di cui i paperi vanno ghiotti) e li massaggiava così bene che quando venivano finalmente ingurgitati da qualche papero risultavano infinitamente più squisiti. Virginia era così brava nel suo lavoro che con il tempo aveva ricevuto contratti dalla federazione cuochi ippopotami, da quella dei licaoni e da quella dei camaleonti. Era l’unica ad aver vinto per tre anni di seguito il premio zoo d’oro, il riconoscimento più ambito del mondo animale.
Ma, come spesso accade, i guai sono sempre dietro l’angolo. Era una bella giornata di sole e Virginia come al solito stava esercitando i piedi palmati nella difficile arte del massaggio. Quel giorno era intenta a provare la nuova mossa della penna spezzata quando nello stagno apparve un grande pescione. “Erbi, non ti sembra uno squalo quello lì?”, disse la rana al castoro, intento a insaponarsi i denti. “E sì, mi sembra proprio uno squalo”. “Che cosa ci farà Erbi uno squalo in questo posto? Uno squalo? Uno squalo? Scappa Erbi, prima che ci mangi tutt’e due”. Nello stagno ci fu un fuggi fuggi generale. Si dileguarono tutti tranne Virginia, in quel momento concentratissima sulla sua nuova mossa segreta.
“Ehm, ehm. Mi scusi signorina. Mi sente? La sto disturbando?”. Virginia continuò a non far caso all’enorme pesce carnivoro. “Signorina? Signorina?”. Ancora nulla. “Signorina?”. Sempre nulla. “Signorina!!!!!!!”.
Il ruggito del pescecane fece saltare di soprassalto la papera, che solo in quel momento si rese conto di quello che le stava accadendo intorno. Erano spariti tutti quanti e, udite udite, accanto a lei c’era un gigantesco squalo bianco. Era proprio lui, il terrore di tutti i mari. “Oh mamma!”, esclamò Virginia. E subito dopo la papera pensò: “Ma che cosa ci sta a fare uno squalo bianco nel mio stagno degli allenamenti? E soprattutto perché mi sta chiamando signorina?”.
“Mi scusi, cerca qualcuno?”, domandò timidamente la papera.
“Certo, sto cercando lei”.
“Oh! Ehm, sta parlando di me?”
“Sì. Vede altre persone in giro?”. In effetti oltre allo squalo c’era solo lei nei paraggi. “Sono venuto a cercarla perché ho bisogno del suo aiuto. Ho assoluto bisogno del suo aiuto. La prego, non mi dica di no. Non mi muoverò di qui finché non mi avrà detto di sì. Allora?”
“Beh, se le cose stanno così… Che cosa vuole da me?”.
“I pesci dell’oceano ci hanno fatto sapere che non si lasceranno mangiare da noi se prima non verranno massaggiati da lei. Sa com’è, siamo in periodo di trattative e di questi tempi i pesci sono così esigenti. Non si lasciano più magiare come una volta, con dignità. E no, adesso lorsignori vogliono il bel sottomarino familiare, l’assicurazione sulla vita per i parenti stretti, la conchiglia con vista sulla Fossa delle Marianne, e adesso con questa storia del massaggio. Se lei non ci aiuterà saremmo costretti a emigrare in qualche fiume, con il rischio di scatenare una guerra con i coccodrilli. E lei sa che cos’è successo l’ultima volta che squali e coccodrilli si sono fatti la guerra… Non vorrà una nuova guerra, vero?”.
“Non mi lascia altra scelta. Verrò con lei”.
“Bene, allora partiamo subito”.
E così la papera e lo squalo si incamminarono (o più esattamente si incamminuotarono) verso l’oceano. Per tutto il tragitto Virginia pensò a cosa fare una volta arrivata al cospetto dei pesci. Doveva veramente massaggiarli tutti? Ma lo sapete quanti sono i pesci in un oceano? Doveva escogitare un sistema.
Giunti finalmente sulla riva dell’oceano la coppia di viaggiatori trovò una gran folla ad attenderli. “Evviva! Evviva! E’ arrivata!”, urlavano i pesci, e con loro gli squali. Virginia non pensava che la sua fama fosse così grande anche nell’oceano. “Mi sa che dovrò chiedere un sacco di soldi”, pensò. Ma poi si tolse subito quel pensiero dalla mente: “Meglio di no… se gli squali poi si arrabbiano…”.
“Ha detto di sì. Ci aiuterà. Massaggerà tutti i pesci dell’oceano”, urlò alla folla lo squalo bianco.
“Che bello. Virginia massaggerà anche noi”, disse un pesce palla.
“Non vedo l’ora di sentire la potenza delle sue piume”, aggiunse un calamaro.
“Perché non possiamo farci massaggiare anche noi?”, chiese uno squalo.
A quel punto Virginia cominciò a parlare: “Ehm, ascoltate, ascoltatemi tutti. Io sono venuta fin quaggiù perché gli squali hanno chiesto, ehm, gentilmente, ehm, il mio aiuto. Sono venuta per risolvere i vostri problemi e per far vivere in pace e armonia le creature dell’oceano. E vedrete che alla fine tutti voi avrete il vostro massaggio…”.
“Evviva! Evviva Virginia!”.
“… Lasciatemi finire, vi prego. Ho detto che tutti avranno il loro massaggio, ma non ho detto che ve lo farò io”. La frase cadde tra la folla adorante come una bomba in un negozio di palloncini d’aria: il fiato di tutti, ma proprio di tutti, si sgonfiò, e cadde il silenzio. Erano tutti a bocca aperta, sorpresi per la rivelazione. “Ci ho pensato molto e mi sono resa conto che da sola non ce la farò mai a massaggiare tutti. E così ho deciso di aprire una scuola per massaggiatori. Una scuola aperta, però, solo agli squali”.
“Oooooh!”
“… Gli squali sono quelli che beneficeranno di più dai miei massaggi. Senza i massaggi non potranno mangiare. Dunque trovo giusto che imparino a fare massaggi, così prima di essere mangiato chiunque tra voi potrà pretendere di essere massaggiato. E’ un vostro diritto”, indicando un gruppo di polipi, “ed è un vostro dovere”, questa volta si rivolse a un branco di squali tigre. “Vi lascio del tempo per pensarci. Mi risponderete stasera”.
Immediatamente furono convocate riunioni su riunioni, a tutti i livelli. Si riunirono gli squali (ovviamente), ma anche le murene, le cozze, le spigole, i gamberi, le sogliole. E poi ciascuna assemblea elesse un rappresentante per partecipare a riunioni interspecie. E poi ancora riunioni su riunioni. L’oceano era diventato peggio di un albergo di lusso dove si tengono riunioni a tutti i piani. Pensate che i delfini si dimenticarono di giocare a palla per tutto il giorno e che le balene smisero di sbuffare aria dal loro sfiatatoio. La tensione si tagliava con il coltello. Che cosa avrebbero deciso gli abitanti dell’oceano? E soprattutto, che cosa avrebbero deciso gli squali? I più pessimisti avevano già preannunciato catastrofi inimmaginabili. Quali? Beh, orche che si sarebbero trasferite nel Mar de Caraibi per aprire un bar sulla spiaggia e vendere tequila, le seppie che si sarebbero date al ballo acrobatico, i pesce martello che avrebbero finalmente accettato la proposta della Black&Decker di fargli da testimonial per una campagna pubblicitaria.
Venne la sera e finalmente un rappresentante degli squali e uno delle altre creature dell’oceano (si trattava di un paguro) si avvicinarono alla riva, dove Virginia aspettava facendo i suoi esercizi quotidiani di allenamento.
“Ebbene?”, chiese la papera.
“Noi abbiamo accettato la sua proposta”, disse il paguro.
“Anche noi”, aggiunse lo squalo.
La papera sorrise compiaciuta di quanto aveva fatto, e nello stesso istante l’oceano esplose in un urlo di gioia, che in poche ore si trasformò nella più gigantesca festa che un mare ricordi. Venne perfino ingaggiato Polifemo per lanciare pietre da una rupe (solo lui lo sapeva fare in maniera così spettacolare).
Nei giorni e nei mesi successivi Virginia aprì la prima scuola di massaggio per cibo del mondo e gli squali si applicarono con inaspettato impegno (del resto avevano fame). Si impegnarono così tanto che alcuni di loro tempo dopo decisero di aprire una cooperativa di massaggi. La leggenda narra addirittura che la cooperativa degli squali fece massaggi anche per leoni e giaguari, massaggiando gazzelle, scimmie e facoceri. Ma questa è appunto una leggenda, mai confermata. La cosa certa, invece, è che nell’oceano tornò l’armonia e la papera Virginia tornò nel suo stagno, dove alla sua morte venne eretta una statua. Statua che oggi è meta di pellegrinaggio di tutti gli animali del pianeta. “Virginia, la papera che impose la pace con un massaggio”, si leggeva sull’iscrizione sul piedistallo del monumento.
Franco Fracassi, Roma 10 aprile 2020