Sono in molti a sostenere che ci troveremmo (uso volutamente il condizionale) di fronte alla fine di un’epoca (quella pre-pandemica) e che l’epoca a venire sarebbe caratterizzata da forme di vita alienate, tracciate in ambienti delimitati e protetti. Non credo che sia questa l’unica definizione possibile per il “progetto” storico che ci attende. Perché fino al dilagare incontrollato dell’epidemia da coronavirus, le società mondiali del capitalismo ipertecnologico – da Occidente a Oriente, secondo un’omologazione troppo performativa e scarsamente predittiva – hanno vissuto paradossalmente all’interno di un “regime” temporale in cui il fenomeno della dispersione ha prodotto e riprodotto l’accelerazione come sua diretta conseguenza, contribuendo a gettare intere società nelle maglie di un “principio di prestazione” scandito puntualmente dai supporti tecnologici. Inaspettatamente, con la pandemia tutto questo ingranaggio all’improvviso si è arrestato e sarà molto difficile – se non addirittura impossibile – farlo ripartire come prima.
Nel contempo si è imposto il dovere (e, si badi, non il libero e motivato desiderio) dell’attesa a seguito della posticipazione indefinita, difficilmente traducibile per la maggioranza degli individui nei termini di una stoica imperturbabilità d’animo, dovutamente alla incidenza delle differenze di classe e di censo, che molto stanno pesando in questa situazione inedita. Ciononostante, siamo chiamati tutti a contribuire al progetto storico che ci attende, assumendo quella posizione critica che il filosofo ebreo tedesco emigrato negli Stati Uniti Herbert Marcuse, in una sua conferenza tenuta all’Università di Stanford il 4 maggio del 1965, descriveva così: “Imparare a vedere e a pensare in modo indipendente, e a incrinare il potere dell’informazione e dell’indottrinamento standardizzati e imposti. Aiutare la gente a portare a compimento quest’opera, che costituisce uno degli assunti sui quali si è fondata la civiltà occidentale – il pensiero libero, indipendente, l’autodeterminazione dell’esistenza –, fare in modo che la gente comprenda di poter imparare, o almeno sforzarvisi”.
Riccardo Roni, Viareggio 19 maggio 2020