Questi giorni in casa mi riportano fuori dal tempo. Soprattutto gli anni sessanta. Negli anni sessanta ero un bambino piccolo, chissà di cosa mi hanno impregnato. Fatto sta che vedo i film che si svolgono in quegli anni (anche in quelli cinquanta), vedo i telefoni, i semplici telefoni, e mi sento nel mio pianeta natale. I telefoni pubblici e quelli nelle case.
E poi, le febbri. Le ricordo, le febbri. Niente a che vedere con questa distopia filmica che ci aspetta per la strada quando osiamo andare al supermercato. Le febbri di famiglia. La febbre che non contagia, che non addita, ma che purifica. Addita, sì, ma solo a te che ce l'hai, ai tuoi che ti circondano nel modico delirio, al medico di famiglia che ti fa coraggio. Quel misto di volerla superare e quasi di volerne avere, come fosse un record adolescenziale. Le vampate vampire di cui parlo nel mio libro "Trita provincia".
E così vivo nel non te Max Manfredi, Genova 24 marzo 2020