Valentina milano

Ricomporre i pezzi

Sto per dire una cosa tremenda. Dopo tre mesi da ex incallita commuter costretta tra le pareti di casa, ho compiuto un atto liberatorio e meraviglioso: ho preso la metropolitana per andare a Milano. Tratta Rho-Fiera - Conciliazione, linea rossa. Ed è stato bellissimo. Rimanere in bilico sul bollo che indica la tua posizione di sicurezza, certo, è strano. Anche gli occhiali appannati per la condensa prodotta dal fiato intrappolato sotto la mascherina mischiato all'umidità dei sotterranei, impongono un certo fastidio. Ma pazienza, si fa. Arrivo a destinazione, risalgo le scale e mi concedo qualche passo in assetto con "sottomento" anti-soffocamento. Il sudore luccica perfino sui miei baffetti invisibili. Ho bisogno di aria. Ma sono felice perché mi sembra davvero una bella avventura quella di riconquistarsi un po' di vita. Dura poco. Sul marciapiede della milanesissima via Ariosto ecco venirmi incontro - avvicinandosi a grandi passi - un incarognito ometto con la polo azzurrina, sulla sessantina, tuonante: «Si metta la mascherina. Forse non ha capito che è fatta per essere usata». L'ho mandato nemmeno troppo gentilmente in un posto che non sto a specificare. Ma non è questa la cosa tremenda. Piuttosto, è la constatazione di ciò che ho potuto osservare nelle ore seguenti attraversando la mia città.

Camminando al parco che mi sembrava un miracolo; entrando in un negozio facendomi misurare la temperatura con sguardi di comprensione nei confronti della commessa alla centesima disinfezione delle mani; bevendo un aperitivo all'aperto regolarmente seduta a un tavolino distanziato ma ridendo a crepapelle con la Simo, e poi riprendendo la metropolitana dimenticando il ridicolo gendarme auto-insignito che però, purtroppo, nel profondo so avermi lasciato una gran tristezza. E non solo lui. Anche altri attori di questa nuova realtà milanese, che mi sono passati accanto. La cosa tremenda è aver capito che, anche in questo caso, il mondo si è diviso in due. E così, ecco da una parte quelli che di questa emergenza hanno fatto una nuova ragione di vita e puntano il ditino alla caccia di nuovi nemici. Dall'altra semplicemente ci sono persone che vorrebbero piano piano ritrovare la loro quotidianità. Faccio parte di questi ultimi, ma non mi sento schierata. Vorrei riprendere i pezzi della mia vita, ricomporla, e possibilmente migliorarla. Come ho sempre cercato di fare. Anche prima del Covid.

Valentina De Poli, Milano 12 giugno 2020