La pandemia sembra aver resuscitato la stregoneria intesa come il culto del rito magico, del mistero, dell'oscuro e delle sue profonde e perverse capacità salvifiche. Il grande stregone Donald Trump ha coltivato in questi mesi la strada, del resto a lui ben congeniale, delle sparate soprannaturali, esortando gli americani a iniettarsi nelle vene micidiali quanto formidabili veleni, a ingurgitare super pasticche e ad avere piena fiducia nelle sue capacità taumaturgiche di sconfiggere la peste cinese, creata dai mefistofelici musi gialli. Ma le pratiche dello stregone in capo non sono, in realtà, troppo diverse da quelle seguite da Bolsonaro, da Putin e dal primo Boris Johnson; non si tratta solo di rifiutare o manipolare la scienza, ma di assumere come visione "politica" la celebrazione gridata dell'esoterico e, soprattutto, della possibilità per il "capo" di incarnarlo. Il corpo del capo e la sua forza non razionalizzabile sono l'architrave del potere popolare, protetto dal suo stregone. Lungo tale strada si smonta il senso della competenza, ed anche quello del ridicolo, si indebolisce ogni razionalità democratica per sostituirla con una nuova fede che proprio l'ignoto della pandemia può alimentare. Il potere, in questa fase popolata di stregoni, avoca a sé la prerogativa della guarigione e della salvezza collettiva proprio in quanto potere. Le democrazie dovranno fare i conti così con gli sciamani, abili nell'immaginare e nel diffondere le forze oscure dei "complotti", a cui vogliono contrapporre la pozione magica del loro potere assoluto e salvifico. Sembra incredibile ma per capire ciò che sta accadendo possono servire due libri molto diversi tra loro, La strega scritto da Jules Michelet a metà Ottocento e il bellissimo lavoro di March Bloch dedicato ai Re taumaturghi; la pandemia sta trasformando il futuro nel ritorno al trapassato remoto.
Alessandro Volpi, Massa 4 maggio 2020